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Di cosa parliamo quando utilizziamo il termine contrazione isometrica in Fisioterapia o Riabilitazione?

Per capire al meglio la contrazione isometrica, parleremo prima della contrazione muscolare in generale.

Cos’è quindi la contrazione muscolare?

La contrazione muscolare è il risultato di una sequenza di  processi interni alle cellule del tessuto muscolare, le quali portano a un accorciamento delle fibre muscolari e quindi del muscolo, in seguito a uno stimolo elettrico (da parte del sistema nervoso o esterno). E’ proprio grazie all’accorciamento che è possibile il movimento dei segmenti scheletrici.

Quali sono i tipi di contrazione muscolare?

Le contrazioni muscolari vengono suddivise in:

  • Isometrica, in cui il muscolo si attiva senza accorciarsi o allungarsi
  • Concentrica, in cui il muscolo si attiva accorciandosi
  • Eccentrica, in cui il muscolo si attiva mentre viene allungato

Quando e perché viene usata la contrazione isometrica in fisioterapia?

La contrazione isometrica viene usata in ambito fisioterapico quando si ricerca un attivazione della muscolatura senza mobilizzazione del distretto articolare ad essa collegata. Si richiede quindi una contrazione del muscolo interessato senza produrre un movimento del segmento scheletrico.

Questo tipo di contrazione risulta necessario nei pazienti in fase acuta i quali nonostante una limitazione di movimento dovuta a tutori o gessi o ad un indicazione del medico nella quale viene richiesto il mantenimento del tono muscolare senza muovere l’articolazione.

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L’osteopatia è una medicina non convenzionale riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

Essa rientra all’interno della medicina manuale per cui il contatto manuale risulta fondamentale sia per la valutazione che per il trattamento della persona.

Nasce negli Stati Uniti d’America nel 1874, fondata dal dott. Andrew Taylor Still.

L’approccio osteopatico è sicuramente un approccio causale e non sintomatico, per cui si propone di andare a ricercare e trattare la causa della disfunzione.

L’approccio stesso è dunque olistico quindi il corpo umano viene visto nella sua completezza, con la sua intrinseca capacità all’auto-guarigione. Il trattamento dunque viene inteso come una corretta stimolazione del corpo, e nello specifico intende lavorare su tre grandi distretti, cercando di stimolare quella che è la corretta mobilità della componente muscolo-scheletrica, dei visceri ed infine del cranio.

La colonna vertebrale rappresenta uno dei centri nevralgici per il corretto funzionamento del corpo umano, in quanto una buona parte del nostro sistema nervoso vi passa attraverso o in modo adiacente. L’osteopatia dunque propone diverse tecniche volte al trattamento di questa struttura così tanto importante, come le tecniche manipolative (thrust), tecniche di mobilizzazione, tecniche di energia muscolare (MET).

Alla base del principio osteopatico vi è quella che viene definita come disfunzione somatica, la quale viene descritta nella decima edizione dell’International Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death (ICD-10) dell’OMS. Tramite il trattamento osteopatico si propone di cercare di eliminare la disfunzione somatica stessa, spesso responsabile della sintomatologia che il paziente riporta.

Le alterazioni che vengono trattate tramite l’osteopatia dunque non riguardano esclusivamente il sistema muscolo-scheletrico. Di seguito un esempio delle situazioni su cui è possibile ottenere un beneficio tramite il trattamento osteopatico.

  • muscolo-scheletrico (rachialgia come lombalgia, dorsalgia, cervicalgia)
  • neurovegetativo (stress, cefalee, emicranie)
  • digestivo (stipsi, ernia iatale con reflusso-gastro esofageo)
  • uro-genitale (dismenorrea, infezioni urinarie recidivanti)
  • otorino laringoiatra (riniti, sinusiti)
  • problematiche riguardanti l’apparato stomatognatico (bruxismo, alterazioni della classe dentale)
  • sfera pediatrica (coliche, plagiocefalia, mastite ricorrente nella neo-mamma)

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Le ultime evidenze scientifiche sottolineano il legame fra nutrizione, composizione della nostra flora microbica intestinale e stato infiammatorio.

 

Chi è il microbiota intestinale?

Si tratta di un insieme di comunità batteriche che abitano la superficie della nostra mucosa intestinale e svolgono compiti e funzioni chiave per la salute del nostro organismo.

Perchè è così importante che il nostro microbiota intestinale stia sempre bene?

Perchè un disequilibrio nella sua composizione porta ad una condizione, definita Disbiosi, che si configura come “terreno fertile” e concausa di stati infiammatori importanti, legati a molti distretti dell’organismo.

In quali situazioni posso incorrere in un quadro di disbiosi?

  • Importante o cronico utilizzo di farmaci
  • scorretta alimentazione
  • Obesità, diabete, malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson, patologie cardiovascolari, dermatiti, malattie sistemiche, allergie stagionali e croniche, patologie autoimmuni
  • Stipsi e disturbi dell’alvo
  • Gravidanza
  • Invecchiamento

Quali approcci terapeutici?

  • Protocollo alimentare individualizzato
  • Supplemento probiotico
  • Educazione comportamentale verso uno stile di vita sano e sostenibile nel tempo

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Il campionato italiano di footgolf, LNF (Lega Nazionale Footgolf) Championship, fa tappa a Sanremo da venerdì 16 a domenica 18 luglio al Circolo Golf degli Ulivi.

La Lega Nazionale Footgolf (LNF) è stata fondata nel settembre del 2016 da quattro Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) riconosciute dal CONI: Footgolf Emilia Romagna, Footgolf Liguria, Footgolf Lombardia e Footgolf Veneto. Dal 2014 tali Associazioni organizzano con successo eventi sportivi di Footgolf su tutto il territorio nazionale.

Nel pomeriggio di venerdì si svolgerà la prova campo per gli iscritti e la mattina del sabato inizierà il torneo con la partecipazione di circa 250 giocatori. Nella giornata di domenica verrà decretato il vincitore del torneo. Fra gli ex calciatori saranno presenti: Vincent CandelaGigi Di BiagioDemetrio Albertini, SerginhoCristian ZaccardoSergio PellissierLuca AntoniniSebastian FreyPietro Vierchowod.

Il nostro Ambulatorio sarà presente al torneo durante tutta la durata della manifestazione con uno stand apposito, offrendo una scontistica speciale per gli iscritti al torneo. Fisiomed sarà inoltre responsabile del servizio di primo soccorso sportivo durante il torneo.

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A COSA SERVE? QUALI SONO I BENEFICI?

Il linfodrenaggio manuale è una tecnica di massaggio volta a favorire il corretto drenaggio dei liquidi linfatici dai tessuti, con eliminazione di tossine ed elementi di scarto dell’organismo.

Si tratta di un insieme di lievi pressioni manuali, eseguite lungo il decorso del sistema linfatico, che hanno lo scopo di guidare la linfa verso le stazioni linfonodali maggiori, dalle quali verrà poi veicolata fino ad essere in parte espulsa dall’organismo, sotto forma di urina.

Quando è indicato il linfodrenaggio?

Questa tecnica può essere applicata con beneficio in svariate situazioni:

  • Favorire il riassorbimento di edemi, in seguito a traumi o interventi chirurgici
  • Aiutare il processo di cicatrizzazione
  • Regolare il Sistema neurovegetativo
  • Ridurre il gonfiore e combattere la ritenzione idrica
  • Migliorare l’immunità, favorendo l’immissione in circolo di leucociti e immunoglobuline

È molto importante avere chiare anche le controindicazioni a questo trattamento :

  • Tumori maligni non trattati
  • Infiammazioni acute
  • Infezioni
  • Trombosi Venosa Profonda o tromboflebite
  • Edemi causati da insufficienza cardiaca

 

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La suzione

La suzione è un meccanismo naturale presente nel bambino già durante la gestazione. Le ecografie prenatali dei bimbi con il pollice in bocca ne sono un esempio. L’istinto di suzione permette al neonato di nutrirsi al seno della madre o al biberon, unica via di nutrizione fino ai 6/8 mesi di vita. I neonati allattati con il biberon accettano volentieri l’utilizzo del ciuccio, soprattutto se dello stesso materiale della tettarella. I neonati abituati al seno hanno maggiore difficoltà causata dalla differente percezione sensoriale.

L’utilità del ciuccio

  • Il ciuccio nel neonato ha un valore consolatorio, fonte di conforto e di rassicurazione: viene ampiamente utilizzato per calmare il bambino che piange. È importante che l’adulto non compia l’errore di dare il ciuccio al bambino ogni volta che piange, evitando di capire quale sia il motivo del disagio. Tale comportamento rischia di rendere il ciuccio l’unico oggetto che lo tranquillizza.
  • Può essere utile per evitare che il bambino succhi il dito, abitudine più difficile da gestire e da eliminare.
  • È Un valido elemento per allenare la suzione nei bambini con difficoltà ad attaccarsi al seno, e per sviluppare la coordinazione suzione-deglutizione.

Quando l’utilizzo del ciuccio diventa negativo

È importante che il ciuccio non diventi un’abitudine viziata: si definiscono abitudini viziate tutti i comportamenti su base fisiologica che perseverano nel tempo troppo a lungo, fino a modificare la naturale evoluzione delle funzioni di respirazione, deglutizione, masticazione e secondariamente dell’articolazione del linguaggio.

Il ciuccio diventa un’abitudine viziata quando il bimbo cresce e noi facciamo crescere il succhietto con lui: compriamo quindi il modello adatto ai 3 mesi, poi ai 6, ai 9 e così via.

 

Effetti negativi sull’uso prolungato del ciuccio

  • La lingua si abitua ad una posizione bassa a riposo, mentre dovrebbe essere alta contro il palato. La punta della lingua può diventare ipotonica, con conseguenti alterazioni del linguaggio (ad esempio la cosiddetta “zeppola”) o della deglutizione: il bambino deglutirà spingendo la lingua sulle arcate dentali, con conseguenti problemi sulla chiusura di queste.

  • Alterazioni del palato che rimane stretto in quanto la lingua non spinge contro di esso per aiutarlo a crescere (palato ogivale).

  • Rallenta la maturazione delle abilità masticatorie.
  • Altera la percezione della cavità orale e ne limita la funzionalità.

 

Quando togliere il ciuccio

L’età consigliata è entro i 24 mesi di vita. I pediatri concordano però che oltre i 10-12 mesi di età gli svantaggi cominciano ad essere superiori ai benefici, per cui sarebbe meglio iniziare a diminuire gradatamente l’uso del ciuccio già attorno ai 7-9 mesi, ovvero quando il bambino sviluppa l’abilità di mordere e non vi è più la necessità di succhiare come unica fonte di alimentazione.

È importante sottolineare che a quest’età il bambino può essere consolato in altri modi.

 

 

In conclusione

È importante utilizzare questo strumento in modo consapevole ed è altrettanto importante che i genitori sappiano quali sono le conseguenze di una suzione prolungata.

È fondamentale che i genitori comprendano i bisogni reali del neonato, in modo da soddisfarlo o individuare sistemi di consolazione alternativi al ciuccio, come offrirgli il seno materno o prenderlo in braccio. Più il bambino utilizzerà il ciuccio più diventerà difficile toglierlo quando sarà il momento.

Il logopedista è il professionista deputato al risolvere questi problemi: per richiedere una valutazione legata all’uso prolungato del ciuccio.

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La rettilineizzazione del rachide cervicale è spesso evidenziata da una radiografia.

Come è composta la colonna vertebrale

Per capire la rettilineizzazione del rachide cervicale è bene capire come è fatta la colonna vertebrale e le sue curve. La colonna è composta da  33-34 vertebre. Queste vengono raggruppate in grandi segmenti in base alla zona nella quale si trovano.

Partendo dall’alto verso il basso abbiamo: rachide cervicale, rachide dorsale, rachide lombare ed infine da quello sacro-coccigeo.

Le curve si possono suddividere in due grandi categorie: primarie e secondarie. Le primarie sono conosciute come cifosi: la dorsale e sacro-coccigea.  Le secondarie, o di compenso  sono meglio conosciute come lordosi: cervicale e lombare.

 

Alterazione della Cifosi e della Lordosi

Il termine cifosi e lordosi non indica una patologia, descrive la morfologia della colonna vertebrale in una determinata zona. In base a ciò che è stato appena detto, tali termini non indicano assolutamente una patologia, ma al contrario fanno riferimento a ciò che rientra nella corretta fisiologia del corpo umano.

Tuttavia in alcune persone è possibile notare quella che è una variazione dalla normale fisiologia della colonna vertebrale. Tramite un’attenta valutazione clinica, eventualmente abbinata ad una lastra del rachide possono in alcuni casi essere individuate delle variazioni della colonna.

Solitamente tali alterazioni vengono evidenziate lateralmente o frontalmente rispetto al corpo umano. Quelle visibili frontalmente o posteriormente sono conosciute come scoliosi.

Le eventuali variazioni che interessano l’individuo lateralmente sono legate o ad un aumento o ad una riduzione delle curve e sono quelle descritte nell’immagine seguente.

La diminuizione della Lordosi cervicale ovvero la rettilineizzazione

La rettilineizzazione del rachide cervicale (o diminuzione della fisiologica lordosi cervicale), è una particolare condizione patologica (anche in assenza di dolore) in cui la normale curva cervicale chiamata lordosi, perde la sua funzione e tende a raddrizzarsi fino addirittura ad invertirsi.

Molto spesso tale condizione è conseguente ad un trauma come il colpo di frusta oppure ad un uso prolungato di posture lavorative.

Nonostante sia da considerarsi come un’alterazione, non sempre tale situazione è patologica.

Pertanto una discreta percentuale di persone che presentano ciò è asintomatica. Indubbiamente però è da considerare che tendenzialmente contribuisce alla manifestazione dei seguenti sintomi:
  • Dolore e rigidità cervicale
  • Sbandamenti e vertigini
  • Mal di testa ed Emicrania
  • Sensazione di pesantezza alla testa
  • Nausea
  • Disturbi della vista
  • Dolore all’articolazione temporo-mandibolare e bruxismo
Tra i trattamenti di solito consigliati rientra il trattamento fisioterapico ed osteopatico. Nello specifico tali trattamenti avranno lo scopo di restituire la corretta mobilità del rachide in toto, diminuire gli spasmi muscolari, conseguire una serie di esercizi per riattivare nel modo corretto determinati gruppi muscolari ed infine fornire al paziente una corretta educazione nella vita quotidiana e lavorativa.

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In cosa consiste

Le persone affette da nevralgia di Arnold presentano una sintomatologia dolorosa continua o intermittente. Tali sintomi  originano dalla regione occipitale (dunque nucale) ed eventualmente può irradiarsi alla parte anteriore del capo fino all’occhio. Solitamente la sintomatologia si presenta da un solo lato, anche se in alcuni casi può essere bilaterale.

Dove si trova il nervo di Arnold

Il nervo grande occipitale di Arnold origina dalla branca posteriore del secondo nervo cervicale (C2). Quindi nella parte alta della colonna cervicale. Questa struttura nervosa è puramente sensitiva; si occupa dell’innervazione della cute e del cuoio capelluto nella regione posteriore della testa detta occipitale.

Cosa fare in caso si presentassero i sintomi

Fondamentale è la corretta valutazione e diagnosi di tale problema, affinché vengano evitati trattamenti poco efficaci. Innanzitutto bisogna escludere eventuali problematiche organiche e malformazioni della cerniera cervico-occipitale. Quindi è caldamente consigliato di fare riferimento al giusto professionista.

Quali possono essere le cause della nevralgia di Arnold?

Altra cause di una eventuale alterazione del decorso del nervo di Arnold possono essere patologie artrosiche o degenerative del rachide cervicale, oppure situazioni infiammatorie contingenti. Vi possono essere anche eventuali problematiche di tipo funzionale, che frequentemente potrebbero esserci anche in assenza di alterazioni rilevabili con esami diagnostici strumentali. Tra questi: un’eccessiva contrazione della muscolatura del rachide cervicale, specie del
muscolo obliquo inferiore o dei fasci muscolari profondi del muscolo trapezio.

A chi devo rivolgermi per una corretta diagnosi?

Le principali figure mediche deputate alla diagnosi sono il neurologo, l’ortopedico e il fisiatra. Una volta individuata la problematica , in assenza di patologie organiche e con il consenso del medico di
riferimento, ci si può rivolgere alla figura del fisioterapista per effettuare il trattamento idoneo.

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La Manovra di Wasserman

Le origini e a cosa serve

Chiamata anche segno di Lasègue inverso o femoral stretch test. La manovra di wasserman è utilizzata per verificare la presenza di irritazione delle radici spinali a livello del plesso lombare, in particolare modo del nervo crurale e del nervo femorale. 

 

Come si esegue

Nella manovra di wasserman il paziente è steso in decubito prono (a pancia in basso), con le gambe distese il medico/fisioterapista solleva la coscia sul bacino, con il ginocchio flesso a 90°, fino ad estendere l’anca provocando così lo stiramento delle radici del nervo crurale. La manovra di wasserman è positiva se il paziente avverte dolore nella regione lombare e lungo il distretto di innervazione. Il dolore può interessare solo la colonna lombare oppure può irradiarsi all’inguine ed alla coscia nella regione antero-mediale.

Cosa indica?

La positività della manovra di wasserman  può indicare una compressione nervosa a livello lombare ed in particolare fra L1-L2, L2-L3 ed L3-L4.

Quando è Utile il Test di Wasserman

La manovra di Wasserman è un test con bassa specificità ma con un’elevata sensibilità.

Si tratta di un esame particolarmente indicativo della presenza di irritazioni a livello delle radici nervose L1-L4, che aiuta il medico a fare una corretta indagine diagnostica.

La manovra tramite uno stiramento del nervo crurale, in caso di segno positivo, provoca un dolore nella regione lombare e lungo il percorso del nervo, indicando una sofferenza delle radici nervose L1-L4.

Il dolore che si avverte in caso di positività riguarda la regione lombare, inguinale, l’anca e la regione antero-mediale della coscia.

Nel possibile quadro di ernia discale il medico prescriverà ulteriori esami come la risonanza magnetica, che gli permetteranno di individuare con precisione il problema e trovare una terapia adeguata.

Differenza tra il test di Lasegue e la Manovra di Wasserman

Il test di Lasègue e la manovra di Wasserman sono due procedure che vengono eseguite dal medico in caso di ernie e protrusioni, e che possono dare esito positivo o negativo a seconda della reazione del paziente e della sua manifestazione di dolore.

Vengono eseguite entrambe tramite la collaborazione del paziente che deve essere sveglio e riferire al medico cosa percepisce durante il test.

A differenza del test di Laségue, la manovra di Wasserman dà un esito positivo in presenza di dolore, senza dare indicazioni specifiche riguardo il punto del sollevamento della coscia a cui compare, ma è comunque un esame utilissimo per un’indagine diagnostica approfondita.

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