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Cos’è il Crioultrasuono?

Il crioultrasuono è un apparecchiatura per fisioterapia che permette di  erogare contemporaneamente 2 diverse energie fisiche, una di tipo meccanico (gli ultrasuoni) e l’altra di tipo termico (freddo), tramite un unico erogatore.

L’utilizzo del freddo associato alla terapia ultrasonica ne permette di sfruttare al massimo la potenzialità terapeutica, poiché gli ultrasuoni sviluppano calore all’aumentare della potenza, l’associazione col freddo permette di utilizzare potenze maggiori con migliori risultati terapeutici senza incorrere in un eccessivo riscaldamento dei tessuti.

La presenza di due frequenze di erogazione diverse (1mhz e 3mhz) permette di trattare svariate, problematiche sia superficiali che più profonde, ciò lo reputa adatto all’impiego anche sia problematiche dermatologiche (cicatrici) che articolari.

A cosa serve il Crioultrasuono?

Il crioultrasuono viene utilizzato nel trattamento di svariate situazioni patologiche, trovando maggiore impiego nelle fasi acute e sub-acute delle più comuni problematiche osteoarticolari. Grazie all’azione vasocostrittrice del freddo e a quella antiinfiammatoria/antalgica dell’ultrasuonoterapia permette di abbreviare notevolmente i tempi di recupero. 

Quali sono le controindicazioni al trattamento con crioultrasuono?

  • Osteoporosi ad alto turnover
  • Presenza di frammenti articolari 
  • Vene varicose
  • Gravidanza
  • Emorragie
  • Presenza di pacemaker
  • Arteriopatie obliteranti
  • Flebiti o tromboflebiti

 

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Cosa è la rieducazione alla deambulazione?

Con rieducazione alla deambulazione si intende tutto l’insieme di interventi , fisioterapici e non, grazie alla quale il paziente riacquisisce la possibilità di tornare a camminare nella maniera più fisiologica possibile.

Questo processo spazia dal miglioramento dello schema del passo all’abbassamento del rischio di cadute.

Quando si rende necessaria la rieducazione alla deambulazione?

La rieducazione alla deambulazione si effettua principalmente in pazienti  geriatrici, post-chirurgici e neurologici  i quali abbiano subito un peggioramento della deambulazione sia dovuto ad un deterioramento neurologico che ad un gesto chirurgico programmato quale una protesizzazione  o ad un esito traumatico

In cosa consiste una seduta di rieducazione alla deambulazione?

La seduta può essere strutturata in svariati modi in base alla valutazione del fisioterapista, il quale potrà intervenire con trattamenti e programmi di esercizio terapeutico, terapia manuale e/o strumentale mirati al recupero di una o più delle seguenti funzioni:

  • Forza (dei muscoli propedeutici alla deambulazione e postura)
  • Stabilità
  • Coordinazione e propriocezione
  • Autonomia

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Di cosa parliamo quando utilizziamo il termine contrazione isometrica in Fisioterapia o Riabilitazione?

Per capire al meglio la contrazione isometrica, parleremo prima della contrazione muscolare in generale.

Cos’è quindi la contrazione muscolare?

La contrazione muscolare è il risultato di una sequenza di  processi interni alle cellule del tessuto muscolare, le quali portano a un accorciamento delle fibre muscolari e quindi del muscolo, in seguito a uno stimolo elettrico (da parte del sistema nervoso o esterno). E’ proprio grazie all’accorciamento che è possibile il movimento dei segmenti scheletrici.

Quali sono i tipi di contrazione muscolare?

Le contrazioni muscolari vengono suddivise in:

  • Isometrica, in cui il muscolo si attiva senza accorciarsi o allungarsi
  • Concentrica, in cui il muscolo si attiva accorciandosi
  • Eccentrica, in cui il muscolo si attiva mentre viene allungato

Quando e perché viene usata la contrazione isometrica in fisioterapia?

La contrazione isometrica viene usata in ambito fisioterapico quando si ricerca un attivazione della muscolatura senza mobilizzazione del distretto articolare ad essa collegata. Si richiede quindi una contrazione del muscolo interessato senza produrre un movimento del segmento scheletrico.

Questo tipo di contrazione risulta necessario nei pazienti in fase acuta i quali nonostante una limitazione di movimento dovuta a tutori o gessi o ad un indicazione del medico nella quale viene richiesto il mantenimento del tono muscolare senza muovere l’articolazione.

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L’osteopatia è una medicina non convenzionale riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

Essa rientra all’interno della medicina manuale per cui il contatto manuale risulta fondamentale sia per la valutazione che per il trattamento della persona.

Nasce negli Stati Uniti d’America nel 1874, fondata dal dott. Andrew Taylor Still.

L’approccio osteopatico è sicuramente un approccio causale e non sintomatico, per cui si propone di andare a ricercare e trattare la causa della disfunzione.

L’approccio stesso è dunque olistico quindi il corpo umano viene visto nella sua completezza, con la sua intrinseca capacità all’auto-guarigione. Il trattamento dunque viene inteso come una corretta stimolazione del corpo, e nello specifico intende lavorare su tre grandi distretti, cercando di stimolare quella che è la corretta mobilità della componente muscolo-scheletrica, dei visceri ed infine del cranio.

La colonna vertebrale rappresenta uno dei centri nevralgici per il corretto funzionamento del corpo umano, in quanto una buona parte del nostro sistema nervoso vi passa attraverso o in modo adiacente. L’osteopatia dunque propone diverse tecniche volte al trattamento di questa struttura così tanto importante, come le tecniche manipolative (thrust), tecniche di mobilizzazione, tecniche di energia muscolare (MET).

Alla base del principio osteopatico vi è quella che viene definita come disfunzione somatica, la quale viene descritta nella decima edizione dell’International Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death (ICD-10) dell’OMS. Tramite il trattamento osteopatico si propone di cercare di eliminare la disfunzione somatica stessa, spesso responsabile della sintomatologia che il paziente riporta.

Le alterazioni che vengono trattate tramite l’osteopatia dunque non riguardano esclusivamente il sistema muscolo-scheletrico. Di seguito un esempio delle situazioni su cui è possibile ottenere un beneficio tramite il trattamento osteopatico.

  • muscolo-scheletrico (rachialgia come lombalgia, dorsalgia, cervicalgia)
  • neurovegetativo (stress, cefalee, emicranie)
  • digestivo (stipsi, ernia iatale con reflusso-gastro esofageo)
  • uro-genitale (dismenorrea, infezioni urinarie recidivanti)
  • otorino laringoiatra (riniti, sinusiti)
  • problematiche riguardanti l’apparato stomatognatico (bruxismo, alterazioni della classe dentale)
  • sfera pediatrica (coliche, plagiocefalia, mastite ricorrente nella neo-mamma)

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A COSA SERVE? QUALI SONO I BENEFICI?

Il linfodrenaggio manuale è una tecnica di massaggio volta a favorire il corretto drenaggio dei liquidi linfatici dai tessuti, con eliminazione di tossine ed elementi di scarto dell’organismo.

Si tratta di un insieme di lievi pressioni manuali, eseguite lungo il decorso del sistema linfatico, che hanno lo scopo di guidare la linfa verso le stazioni linfonodali maggiori, dalle quali verrà poi veicolata fino ad essere in parte espulsa dall’organismo, sotto forma di urina.

Quando è indicato il linfodrenaggio?

Questa tecnica può essere applicata con beneficio in svariate situazioni:

  • Favorire il riassorbimento di edemi, in seguito a traumi o interventi chirurgici
  • Aiutare il processo di cicatrizzazione
  • Regolare il Sistema neurovegetativo
  • Ridurre il gonfiore e combattere la ritenzione idrica
  • Migliorare l’immunità, favorendo l’immissione in circolo di leucociti e immunoglobuline

È molto importante avere chiare anche le controindicazioni a questo trattamento :

  • Tumori maligni non trattati
  • Infiammazioni acute
  • Infezioni
  • Trombosi Venosa Profonda o tromboflebite
  • Edemi causati da insufficienza cardiaca

 

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La rettilineizzazione del rachide cervicale è spesso evidenziata da una radiografia.

Come è composta la colonna vertebrale

Per capire la rettilineizzazione del rachide cervicale è bene capire come è fatta la colonna vertebrale e le sue curve. La colonna è composta da  33-34 vertebre. Queste vengono raggruppate in grandi segmenti in base alla zona nella quale si trovano.

Partendo dall’alto verso il basso abbiamo: rachide cervicale, rachide dorsale, rachide lombare ed infine da quello sacro-coccigeo.

Le curve si possono suddividere in due grandi categorie: primarie e secondarie. Le primarie sono conosciute come cifosi: la dorsale e sacro-coccigea.  Le secondarie, o di compenso  sono meglio conosciute come lordosi: cervicale e lombare.

 

Alterazione della Cifosi e della Lordosi

Il termine cifosi e lordosi non indica una patologia, descrive la morfologia della colonna vertebrale in una determinata zona. In base a ciò che è stato appena detto, tali termini non indicano assolutamente una patologia, ma al contrario fanno riferimento a ciò che rientra nella corretta fisiologia del corpo umano.

Tuttavia in alcune persone è possibile notare quella che è una variazione dalla normale fisiologia della colonna vertebrale. Tramite un’attenta valutazione clinica, eventualmente abbinata ad una lastra del rachide possono in alcuni casi essere individuate delle variazioni della colonna.

Solitamente tali alterazioni vengono evidenziate lateralmente o frontalmente rispetto al corpo umano. Quelle visibili frontalmente o posteriormente sono conosciute come scoliosi.

Le eventuali variazioni che interessano l’individuo lateralmente sono legate o ad un aumento o ad una riduzione delle curve e sono quelle descritte nell’immagine seguente.

La diminuizione della Lordosi cervicale ovvero la rettilineizzazione

La rettilineizzazione del rachide cervicale (o diminuzione della fisiologica lordosi cervicale), è una particolare condizione patologica (anche in assenza di dolore) in cui la normale curva cervicale chiamata lordosi, perde la sua funzione e tende a raddrizzarsi fino addirittura ad invertirsi.

Molto spesso tale condizione è conseguente ad un trauma come il colpo di frusta oppure ad un uso prolungato di posture lavorative.

Nonostante sia da considerarsi come un’alterazione, non sempre tale situazione è patologica.

Pertanto una discreta percentuale di persone che presentano ciò è asintomatica. Indubbiamente però è da considerare che tendenzialmente contribuisce alla manifestazione dei seguenti sintomi:
  • Dolore e rigidità cervicale
  • Sbandamenti e vertigini
  • Mal di testa ed Emicrania
  • Sensazione di pesantezza alla testa
  • Nausea
  • Disturbi della vista
  • Dolore all’articolazione temporo-mandibolare e bruxismo
Tra i trattamenti di solito consigliati rientra il trattamento fisioterapico ed osteopatico. Nello specifico tali trattamenti avranno lo scopo di restituire la corretta mobilità del rachide in toto, diminuire gli spasmi muscolari, conseguire una serie di esercizi per riattivare nel modo corretto determinati gruppi muscolari ed infine fornire al paziente una corretta educazione nella vita quotidiana e lavorativa.

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In cosa consiste

Le persone affette da nevralgia di Arnold presentano una sintomatologia dolorosa continua o intermittente. Tali sintomi  originano dalla regione occipitale (dunque nucale) ed eventualmente può irradiarsi alla parte anteriore del capo fino all’occhio. Solitamente la sintomatologia si presenta da un solo lato, anche se in alcuni casi può essere bilaterale.

Dove si trova il nervo di Arnold

Il nervo grande occipitale di Arnold origina dalla branca posteriore del secondo nervo cervicale (C2). Quindi nella parte alta della colonna cervicale. Questa struttura nervosa è puramente sensitiva; si occupa dell’innervazione della cute e del cuoio capelluto nella regione posteriore della testa detta occipitale.

Cosa fare in caso si presentassero i sintomi

Fondamentale è la corretta valutazione e diagnosi di tale problema, affinché vengano evitati trattamenti poco efficaci. Innanzitutto bisogna escludere eventuali problematiche organiche e malformazioni della cerniera cervico-occipitale. Quindi è caldamente consigliato di fare riferimento al giusto professionista.

Quali possono essere le cause della nevralgia di Arnold?

Altra cause di una eventuale alterazione del decorso del nervo di Arnold possono essere patologie artrosiche o degenerative del rachide cervicale, oppure situazioni infiammatorie contingenti. Vi possono essere anche eventuali problematiche di tipo funzionale, che frequentemente potrebbero esserci anche in assenza di alterazioni rilevabili con esami diagnostici strumentali. Tra questi: un’eccessiva contrazione della muscolatura del rachide cervicale, specie del
muscolo obliquo inferiore o dei fasci muscolari profondi del muscolo trapezio.

A chi devo rivolgermi per una corretta diagnosi?

Le principali figure mediche deputate alla diagnosi sono il neurologo, l’ortopedico e il fisiatra. Una volta individuata la problematica , in assenza di patologie organiche e con il consenso del medico di
riferimento, ci si può rivolgere alla figura del fisioterapista per effettuare il trattamento idoneo.

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Ortesi plantari

Ho fatto i plantari ai piedi ma ho ancora male!

È bene sapere che il plantare non è una soletta, la terapia tramite ortesi plantari è un dispositivo medico su misura. Se avete utilizzato un plantare (ortesi plantare) e questo non ha risolto il problema, non è detto che debba essere sostituita la terapia, spesso, si può riscontrare che è stata “mal eseguita/prescritta” o mal utilizzato. Quando l’ortesi plantare non è efficace, è opportuno analizzare: se è la terapia adeguata al problema; se si, come è stato costruito e in quale tipo di calzatura è stato utilizzato.

La scelta del plantare corretto

Per realizzare un ortesi plantare è necessario una visita podologica approfondita, attraverso l’analisi del passo. Ultimamente si rivolgono a noi pazienti che indossano plantari e lamentano dolori ai piedi. Sono sfiduciati perché, invece di notare un miglioramento dopo l’uso del plantare, notano un peggioramento della situazione, tanto da mettere in dubbio la correttezza della terapia consigliata dallo specialista. Il problema di fondo è una scarsa informazione su chi sia realmente in grado di confezionare un plantare su misura, abbinandolo ad una calzatura adeguata, che risponda in toto alle esigenze funzionali. Premessa indispensabile per garantire il successo terapeutico.

Un meticoloso protocollo

La sicurezza del conseguimento dei risultati dipende dall’adozione di standard di lavoro altamente professionali. Prima di procedere nella presa d’impronta deve essere eseguita una valutazione funzionale dell’arto inferiore, dall’anamnesi all’esame obiettivo. È infatti molto importante non solo come prendere l’ impronta, ma anche quale tecnica di costruzione e quale materiale utilizzare.

La calzatura ideale per il plantare

Spesso quando acquistiamo una calzatura, siamo portati a sceglierla cercando di soddisfare le esigenze estetiche trascurando quelle funzionali del piede. Molti sono i particolari che fanno la differenza nell’individuare la calzatura giusta per il nostro piede, partendo dalla componente della tomaia, tipo di allacciatura, altezza della punta, accollatura, contrafforti più o meno rigidi.

Non tutti sanno che la calzatura ideale per utilizzare il plantare è quella predisposta, per impedire lo scivolamento in avanti del piede e lasciare libere le dita da compressioni.

Apposite formule matematiche regolano poi la valutazione dell’altezza ideale del tacco per salvaguardare piede, ginocchia e colonna.

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